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Frammenti di un discorso in cerca d’autore: creare storie collaborative con Storify e Co.

Sebina Pulvirenti

Sebina Pulvirenti

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StorifyI messaggi di stato e i tweet sono frammenti di un immenso romanzo corale postmoderno che ognuno di noi contribuisce a scrivere ogni giorno. Titaniche applicazioni come Storify, da oggi disponibile in beta pubblica, tentano di ricomporre il caos verboso dei social media lungo il filo rosso di un senso qualsiasi. E il curatore dell’ardua fatica resta sempre lo stesso: tu.

Perché leggiamo e scriviamo sempre meno? A quest’età avresti dovuto avere almeno un paio di romanzi al tuo attivo e invece… niente. E che ne è di quella mezza dozzina di libri che ti hanno regalato a Natale e che desideravi da tanto? Scommetto che al massimo ne avrai letto uno. E giù a dare la colpa alla modernità, alla TV, a Internet in generale e a Facebook in particolare, al lavoro che ti succhia via le energie, alla famiglia che si è divorata ogni boccone della privacy in cui ti crogiolavi un tempo e bla bla bla.

La verità che pochi si azzardano ad insinuare è esattamente il contrario. Che ormai non facciamo altro che leggere e scrivere. In continuazione. È un’overdose quotidiana che ci lascia spossati, con gli occhi iniettati di sangue, i polpastrelli doloranti e una dilagante e inspiegabile mancanza di senso. Perché non c’è spazio per fermarsi a pensare, per dispiegare il nostro bagaglio di regolette retoriche e subordinate.

Non c’è più spazio per creare storie.

La vita la vivi o la scrivi. E noi che non vogliamo rinunciare a niente, la viviamo e la scriviamo al volo, disordinatamente, spesso con uno stile sciatto, raramente con lampi di genio, diventando allo stesso tempo spettatori di noi stessi e protagonisti delle nostre pagine, postando su Facebook immagini e parole, quasi nell’istante esatto in cui le produciamo.

Il nostro è un mondo democratico, ma spietato che a malapena ci lascia lo spazio per gridare in 140 caratteri su Twitter, tra un mezzo sorriso rubato da iSight e valanghe di Mi piace che scivolano via dai muri di Facebook nel giro di due minuti, come i titoli di coda di un kolossal che non finirà mai.

È un mucchio di tessere di tanti puzzle diversi che non riusciamo a ricomporre e che ci vorticano sotto gli occhi in turbini colorati. Se non abbiamo tempo per scrivere storie, forse però possiamo fermarci a ricomporle usando le parole degli altri. Questo è il senso di Storify, la web app che ci fa compiere un passo in più sulla strada che ci sta trasformando inesorabilmente da scrittori in curatori. Storify è solo uno strumento, un quaderno digitale dalle pagine bianche.  Sta a te trovare la forza di scegliere un tema. E che sia uno solo.  Esempio: le rivolte in Siria. O le nozze reali di William e Kate. O la nascita dello stesso Storify. Il tema lo decidi tu. Qualcuno ci avrà scritto già e bene almeno un tweet.

Screenshot di Storify

Clicca su Create Story e inizia a cercare tutte le informazioni relazionate in formato testuale e iconografico su Facebook, Twitter, YouTube, Flickr, Google. A questo punto inizia la parte più dura: scegliere. Scegli nel marasma di informazioni i contenuti che vuoi che compaiano nella tua storia e trascinali sull’altra parte della pagina. Puoi connettere i frammenti tra loro con nuovi testi scritti da te, aggiungere immagini, titoli e sottotitoli. E poi se sei soddisfatto del risultato puoi condividere la tua storia, anche incrostandola nel tuo blog, se ti va.

Ma per quanto rivoluzionario, Storify non è il primo meta social network che si propone la difficile missione di far creare storie agli utenti di vari social media utilizzando frasi sconnesse, foto e video sparsi per la rete. A parte antenati antidiluviani (si fa per dire…) come l’app per Facebook Status Collage che ti permette di creare una storia incollando insieme gli status che hai pubblicato sul tuo profilo, qualcosa di simile ti permette di fare anche paper.li, una web app  molto accattivante graficamente che trasforma in un quotidiano i disordinati flussi di storie su Twitter e Facebook, purché abbiano in comune una parola chiave o un hashtag. La differenza principale, e non da poco, rispetto a Storify è che paper.li non ti permette di effettuare alcuna scelta dei contenuti che andranno a comporre il giornale. La storia si racconta da sé, in una babele di lingue e con languida dovizia di particolari, che ti piaccia o no.

paper.ly

Sulla stessa scia, ma in una direzione più narcisista, troviamo Memolane, un meta social medium per creare autobiografie invece che romanzi corali. Creare una storia su Memoline significa disegnare una timeline grafica dei tuoi contenuti postati su Facebook, Twitter, Picasa, Foursquare, MySpace. Il protagonista del racconto sei tu, i personaggi secondari gli amici e i familiari che interagiscono con te.

Memolane

Se più che uno scrittore ti senti un regista, c’è la web app Google Cosa Cerchi oggi? con cui si possono creare originali storie in video sfruttando i risultati di ricerca di Google. E con cui si possono ottenere risultati emozionanti come questo video che racconta una storia d’amore di studenti in Erasmus.

Ci sono infine altri aggregatori di storie più ibridi come Broadcastr, che potremmo paragonare a un audiolibro di racconti di autori vari.  Qui il comun denominatore è geospaziale: le storie si raccontano con file audio e si scelgono cliccando a gusto su una mappa. Purtroppo non c’è ancora nessuna storia italiana da ascoltare. Sarai tu il primo a scriverne… ops, registrarne una?

Broadcastr

Sebina Pulvirenti

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